Milano, 29 nov. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Conquista della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, la pillola anticoncezionale non convince le italiane del Duemila. “Secondo i dati Istat del 2005, confermati da uno studio della S.i.c (Società italiana della contraccezione), nel nostro Paese la usa soltanto il 20% delle donne in età fertile”. In altre parole una su cinque. “Una percentuale dimezzata rispetto a quelle che si registrano in altri Paesi europei come Francia, Gran Bretagna e Olanda”. A fare il calcolo è Gian Benedetto Melis, ordinario di Ginecologia e ostetricia all’università di Cagliari, oggi a Milano per presentare il primo Centro di monitoraggio sugli aspetti della contraccezione orale (Ciemmea). “Il record negativo, con percentuali di utilizzo del 10-15%, spetta a Puglia, Calabria e Sicilia - spiega l’esperto all’ADNKRONOS SALUTE - Il primato è in Sardegna (33%), la Lombardia si attesta al 25% e il Lazio è nella media italiana”.
Ma quali sono le paure delle connazionali? Nella classifica dei timori spiccano aumento di peso, cellulite e ritenzione idrica, uno ‘spauracchio’ soprattutto “fra le giovanissime”, riferisce Melis. Dopo i 25 anni, invece, le perplessità riguardano per lo più “il dubbio infondato che l’uso della pillola possa aumentare il rischio di tumori. E’ ampiamente dimostrato che non è così - assicura il ginecologo - Non solo assumere contraccettivi orali non favorisce lo sviluppo del tumore al seno, ma anzi previene le neoplasie delle ovaie, all’utero e al colon”. E’ noto che “gli unici rischi legati alla pillola riguardano le fumatrici”, aggiunge Melis. Ma spesso, “specie le 35-40enni, preferiscono persistere nel ‘vizio’ piuttosto che assumere il farmaco”. Secondo lo specialista “serve dunque una maggiore informazione, specie tra le ragazze giovani che più delle donne mature risultano vittime di falsi miti e pregiudizi”.